Il vino è magia: parlarne è cultura, attendere la prima vendemmia emozione!
Noi lasciamo che la Natura faccia il suo corso....
Tratto da Arca del Gusto -
Fondazione Slowfood per la Biodiversità onlus
Il Baratuciàt è un vitigno piemontese autoctono dell’area giacente sulla morena glaciale della Val di Susa e della Val Sangone. La sua prima menzione si trova nel Bollettino Ampelografico del 1877 redatto dal Conte di Rovasenda.
Il Baratuciàt era coltivato prevalentemente come uva da tavola. Le testimonianze storiche la descrivono come un’uva poco adatta a fare vino, perché la forte vigoria della pianta e l’allevamento a pergola non permettevano di ottenere la completa maturazione dei grappoli.
L’arrivo della fillossera nel 1928 in Val di Susa e l’abbandono delle terre, favorito dall’industrializzazione dell’area torinese nel secondo dopoguerra, ne hanno quasi causato la scomparsa.
Il suo recupero si deve a Giorgio Falca, viticoltore di Almese, che negli anni ‘70 si prese cura della quasi centenaria vite a pergola del nonno sopravvissuta alla fillossera.
Dalla fine degli anni ‘80 rinnovò, partendo dalle marze di quella pergola, i suoi tre “micro” vigneti in frazione Rivera: Tèit, Cianisot e Moncurt.
A partire dagli anni ’90 il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino (Disafa) ne ha studiato le potenzialità in vigna e presso la cantina sperimentale del centro Bonafous di Chieri.
Il vitigno si ritrova in ceppi sparsi nei vecchi vigneti dei comuni di Villarbasse, Buttigliera ed Almese ed è stato oggetto di un lavoro di studio e caratterizzazione sia agronomica che enologica. L’analisi con marcatori molecolari del DNA non ha evidenziato alcuna corrispondenza genetica con altri vitigni dell’Italia nord occidentale.
L'eredità di Giorgio Falca è stata raccolta dal vigneron Giuliano Bosio sempre di Almese che ne ha elevato la produzione in qualità.
Il metodo di vinificazione ottimale prevede una criomacerazione di 12 ore in pre-fermentazione, poi una pressatura soffice. La fermentazione è eseguita in vasche d’acciaio a temperatura controllata, con lieviti selezionati. L’affinamento è di 4-5 mesi in acciaio e un mese in bottiglia.
Il vino ha colore giallo paglierino con riflessi verdognoli. Il profumo è intenso, ha note di mela verde, ananas, fiori sambuco, di eucalipto e miele d’acacia. In bocca è complesso, con una lunga scia sapida, accompagnata da una giusta acidità. Il retrogusto è mandorlato, grazie all’elevato estratto secco è considerato un vino bianco longevo.
Un fresco calice di Baratuciat nella versione ferma o bollicine
si abbina perfettamente con
vellutate
cruditès
flan di verdure
Costolette di agnello croccanti
Capunet
Rollè di coniglio ai peperoni
Vitello tonnato
Escargots alla parigina
Trote affumicate della Jougnena
Cipolle ripiene
Pane del Re
Mele renette al burro di montagna